Renato Nenci è nato e vive a Chiusi. Militare nel il 3° Reggimento Savoia Cavalleria, è un funzionario del Comune di Chiusi in quiescenza. Cavaliere al Merito della Repubblica e Commendatore dell'Ordo Militum Templi è giornalista, pubblicista e saggista. Come poeta ha esordito con una raccolta di poesie nel 1968, "Cento lacrime di Glicine" seguito da "Poesie scritte sottovoce" Ed. Orizzonti Letterari, Milano, 1975 e da "Il cinquantunesimo" nel 1978. Da giornalista, è direttore responsabile alcuni periodici a livello locale e nazionale e cura rubriche di arte e cultura in riviste specializzate. Capo Ufficio Stampa di Wealt Planet, cura le Pubbliche relazioni di alcune Associazioni. Appassionato di storia, in particolare medievale, ha studiato e studia la storia degli Ordini Monastici con particolare attenzione ai Templari. Ha pubblicato diversi scritti tra i quali "I Templari" nel 2004 Ed. Nuova MDM, "Processo Templare" nel 2006 Ed. Maprosti & Lisanti e "I Cavalieri del Tempio" nel 2008, Ed. Thesan e Thuran. Ha fondato il Lions Club Chiusi, di cui è stato il primo presidente, e il Club Valdiachiana I Chiari ed ha ricoperto incarichi distrettuali nel Lions Club International. E' membro di diritto del Capitolo Generale dell'Ordo Militum Templi di cui dirige e comanda la Magione Templare Francigena di Radicofani.

LA PERGAMENA DI CHINON


L’atto di Chinon dichiara i Templari non prosciolti bensì assolti.... La monarchia francese reagì innescando un vero meccanismo di ricatto che costringerà in seguito Clemente V all’ambiguo compromesso sancito nel 1312 durante il Concilio di Vienne: non potendo opporsi alla volontà del re di Francia Filippo il Bello che imponeva l’eliminazione dei Templari... il papa rimosse l’ordine dalla realtà del tempo senza condannarlo né abolirlo, ma piuttosto isolandolo in una specie di “ibernazione” grazie ad un abile artificio del diritto canonico.
Dopo aver dichiarato espressamente che il processo non aveva provato l’accusa di eresia, Clemente V sospenderà l’ordine dei Templari in via di una sentenza non definitiva dettata dalla superiore necessità di evitare un grave pericolo alla Chiesa.
Dalla vicenda emerge anche una nuova figura di Clemente V, solitamente visto come il cappellano di Filippo il Bello.... L'Ordine del Tempio è un pezzo della Chiesa di Roma. Il papa che non poteva acconsentire che venisse distrutto per sottrargli beni da utilizzare in una guerra contro un altro sovrano cattolico re di Inghilterra. Era impossibile. Clemente V ha subito il processo contro l'Ordine dei templari, che in realtà fu sacrificato per evitare l'apertura di uno scisma che avrebbe portato alla formazione della Chiesa di Francia.

IL SOLSTIZIO D'ESTATE E LA NOTTE DEL 24 GIUGNO O NOTTE DI SAN GIOVANNI

Il Solstizio d'Estate e la notte del 24 Giugno 

o notte di S. Giovanni

Solstizio:
Il sole in questo periodo sembra fermarsi, sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto sino al 24 giugno (per quello invernale il 25 Dicembre) quando ricomincia a muoversi sorgendo gradualmente sempre più a sud sull'orizzonte (a nord per quello invernale).
La notte di S. Giovanni, il 24 giugno appunto, rientra nelle celebrazioni solstiziali; il nome deriva dalla religione Cristiana, perche' secondo il suo calendario liturgico vi si celebra San Giovanni Battista (come il 27 dicembre S. Giovanni Evangelista).
In questa festa, secondo un'antica credenza il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua): da qui i riti e gli usi dei falo' e della rugiada, presenti nella tradizione contadina e popolare. Non a caso gli attributi di S. Giovanni sono il fuoco e l'acqua, con cui battezzava... una comoda associazione, da parte del cristianesimo, per sovrapporsi alle antiche celebrazioni...
Cosi' nel corso del tempo, c'e' stato un mischiarsi di tradizioni antiche, pagane, e ritualita' cristiana, che dettero origine a credenze e riti in uso ancora oggi e ritrovabili perlopiu' nelle aree rurali.
La divinazione
La notte di s. Giovanni e' legata a tantissime forme di divinazione, utilizzando come base acqua e/o piante. Le divinazioni piu' famose vertevano sull'indovinare qualcosa del proprio futuro amoroso e matrimoniale.
Qui di seguito eccone alcune:
Le ragazze da marito, se vogliono conoscere qualcosa sulle loro future nozze, dovranno, la sera della vigilia del 24 giugno, rompere un uovo di gallina bianca e versarne l'albume in un bicchiere o un vaso pieno d'acqua, poi lo prenderanno e lo metteranno sulla finestra, lasciandolo esposto tutta la notte alla rugiada di S. Giovanni. Il mattino successivo, appena levato il sole, si prendera' il bicchiere, e attraverso le forme composte dall'albume nell'acqua, si trarranno auspici sul futuro matrimonio.
Oltre all'uovo poteva venir impiegato il piombo fuso: versato nell’acqua si raffreddava velocemente e dalla forma assunta si traevano previsioni sul mestiere del futuro marito.
Vi e' anche una versione di questo metodo che al posto del piombo prevedeva l'utilizzo dello zolfo.
Qui invece abbiamo una divinazione con forme vegetali: i cardi. Presi due, di grandi dimensioni gli si bruciacchiava la testa, poi si mettevano in un recipiente sul davanzale della finestra, uno con il capo rivolto verso l’interno, l'altro verso l’esterno. Se al mattino uno dei cardi era ritto sullo stelo, la ragazza interessata entro l’anno si sarebbe sposata; se il cardo era quello interno, con uno del proprio paese, se quello verso l'esterno, allora si sarebbe maritata con uno di fuori.Un altro sistema con i cardi prevedeva di bruciarne la corolla e lasciarla tutta la notte fuori della casa. Al mattino occorreva osservarla attentamente: se appariva di colore rossastro era segno di buona sorte ma se appariva nera era indice di sicura sfortuna.
C'era anche un sistema con le fave. La sera del 23 le giovani nubili dovevano prendere tre fave: una intera, una sbucciata e la terza rotta nella parte sopra, e metterle sotto il cuscino al momento di andare a dormire. Durante la notte dovevano prenderne una a caso: se prendevano quella intera, buona sorte e ricchezza, la mezza poca sorte e quella sbucciata, cattivo auspicio.
Per terminare questa succinta carrellata di usi legati al solstizio e alla notte del 24 giugno (sono veramente molti, diffusi in tutta Italia e oltre), segnalo l'usanza di mangiare le lumache per San Giovanni. Il significato di questo gesto e' legato perlopiu' alle corna delle lumache (che oltretutto simboleggiano la luna e il suo ciclo di crescita/decrescita, rappresentato dalle cornine). Per cui, ogni lumaca mangiata, e quindi cornetto, si ritiene che sia scongiurato un malanno... cosi' come il rischio di "corna" in casa.

Buon Solstizio


14 FEBBAIO, PERCHE’ SAN VALENTINO?



14 FEBBAIO, PERCHE’ SAN VALENTINO?
“Le fanciulle erano in numero di centosette, dopo la messa usciurono di chiesa, ordinandosi in una lunga processione, baciavano i piedi al papa e questi dopo aver impartito la benedizione, porgeva a ciascuna una borsa di damasco bianco contenente una polizza. Quella che avesse trovato uno sposo avrebbe ricevuto un dono di 35 denari e un abito bianco”.
Così Mountin, il grande umanista francese, descriveva nel 1581, la consegna delle doti alle fanciulle povere di Roma, il giorno 14 febbraio, festa di San Valentino.
Un rito in cui si radica, forse, una delle ragioni del Santo Patrono di Terni, come protettore degli innamorati.
Di Terni, Valentino fu il primo Vescovo nel II secolo d.C.. Fu martorizzato per decapitazione lungo la via Flaminia, tra Terni e Roma, il 14 febbraio del 273.
La basilica del Santo, sorta per tradizione sulla cripta paleocristiana dove fu sepolto dai discepoli, custodisce le sue spoglie mortali, e in questa basilica il rito dell’invito al matrimonio, dei fidanzati, si ripete ogni anno, unendosi alle delle coppie che festeggiano, invece il mezzo secolo di vita in comune.
L’amore cresce e deve crescere giorno per giorno. L’amore è vita, è conquista, è dinamismo per cui dobbiamo continuamente crescere nell’amore di Dio e dei credenti.”
Così ha suggerito, oggi, il parroco della Basilica di San Valentino nella sua omelia, durante la messa dedicata “agli innamorati”.
Nella metà degli anni settanta intorno alla manifestazione in onore di San Valentino è sorta una fondazione, presieduta dallo scienziato Antonio Zichichi, secondo il quale, la figura del patrono di Terni rappresenta, anche in questo nuovo millennio rappresenta l’emblema della riconciliazione, tra scienza e pace, nel segno dell’amore.
Renato Nenci___________14 febbraio 2013____________________________________________

BOLSENA



Bolsena per quanto vicinissima alle correnti turistiche, la città non si è ne compromessa ne degradata accettando con prudenza quanto di meglio poteva offrirgli il progresso, ma rifiutando quanto le avrebbe fatto, perdere della propria identità.
D’inverno sonnecchia come un piccolo paese, anche se la quiete provinciale è appena animata da qualche sparuto gruppetto di visitatori. In primavera la vita torna a fluire con intensità crescente, fino al culmine estivo con una grande quantità di turisti.
I colli intorno alla città, fanno parte del “gruppo montuoso” dei Volsini, sono ricchi di boschi ed in epoca etrusca erano il luogo deputato a Centro Religioso dell’intero popolo dei Rasenna. Le querce, i noccioli e i castagni spesso hanno affondato le loro radici su resti di antichi insediamenti etruschi e romani.
E’ questo un antichissimo centro sorto sulle pendici delle soavi e sensuali colline che degradano dolcemente intorno all’omonimo lago.
Bolsena è da sempre città protagonista di storie strane, soprannaturali, teatro di grandi e divine vicende fin dall’età più remota. Già al tempo di Salarco, dio etrusco dei boschi, questi indicò il luogo come quello di raccolta e di preghiera per tutti i Sacerdoti etruschi. Protagonista dell'ambiente naturale in cui si adagia, lo è anche per forme artistiche di rilavante interesse ; depositaria di un patrimonio eccezionale in cui la cultura dei secoli ha lasciato segni famosi. Il martirio di Santa Cristina, giovane martire perseguitata da Diocleziano fu il primo dei segni divini che ebbe la città. Il miracolo eucaristico del sangue di Cristo, fu lo straordinario evento che cambiò la sua storia. I luoghi di tanta straordinaria attenzione sono racchiusi tutti entro le stesse mura. Il complesso architettonico che forma la cattedrale è distinto in tre nuclei e comprende la piccola basilica, con annesse catacombe, dedicata alla santa, la cappella del miracolo innalzata nel 1693 e un edificio romanico a tre navate che ingloba tutto quanto. Ci sono poi altri fili, più sottili, meno divini, più umani, impalpabili, di cui è intessuta l’identità di Bolsena, che compongono la tela di ragno della sua storia e delle sue tradizioni. Partono da lontano, quando l’intera area era nota “al mondo” come centro religioso dell’intera confederazione Etrusca. Le notizie abbastanza vaghe, acquistano, poi, consistenza nel periodo più antico, quando i reperti recentemente ritrovati, risalenti al IX secolo a.c., indicano esplicitamente il primo insediamento.
Acqua pura, dolci vallate e boschi sempreverdi sono i tre tasselli di un intreccio che, al pari di un mosaico, presentano immagini molto lontane dalla quotidianità moderna, ma geograficamente molto vicine e, che fanno di questo luogo un sito di trasognata idilliaca beltà.
Per arrivare a Bolsena si lascia il monotono susseguirsi delle colline che fanno da cornice alla consolare Cassia, per addentrarsi in un mondo diverso. Il nastro di asfalto che ci lasciamo alle spalle si snoda cingendo in un abbraccio i monti Volsini ricoperti di uliveti e alberi da frutto, nonché da vigneti, grandi quanto fazzoletti e, così ben squadrati da sembrare usciti da un trattato di geometria. Un altro tornante e ci si tuffa nella storia ed è come entrare in un mondo rovesciato, dove si può ancora “ascoltare il silenzio” ; sembra essere entrati in un’atmosfera inquietante, sovrannaturale, dove tutto è a misura d’uomo e non viceversa. E tutto sembra irreale, come in un luogo delle favole.
Le erte stradine che salgono verso la Rocca, sono un gomitolo di scorci assolutamente unici. Lievi logge in cotto e pietra, arcate aeree, colonne sono come quinte d’una scenografia teatrale su un palcoscenico dove ogni giorno si replica la stessa commedia di sempre. Cercare di visitarle è come ripercorrere i sentieri più spettacolari della storia ed è come uscire dai testi classici e leggere la cronaca di Bolsena sui muri, sulle grate delle finestre, sui portali, sulle pietre calpestate. Scopriamo la città non solo nei suoi scorci più noti e ufficiali, ma anche in quelli di solito evitati, volutamente dimenticati, imbarazzanti, per alcuni, nella loro rozza trasgressività, eppure non per questo meno vivi e reali. Scopriamo, allora, di avere percorso non solo le vie più larghe e pulite, ma anche vicoli sporchi e stretti. D’avere spinto lo sguardo non solo all’interno di stanze ben arredate e luminose, ma anche in “fondi” scuri e sudici, che poi è il modo migliore di conoscere una città.
Il retaggio di antiche usanze e superstizioni, ancora fervido, rivivono oggi, attraverso le rievocazioni che alla solitudine e al pianto uniscono le interpretazioni dei sentimenti più intimi dell’uomo. Così come la rappresentazione festosa del Corpus Domini e delll’Infiorata, intreccio di credenze religiose e pagane che si fondono nell’interpretazione della gente. L’Ostensorio, con l’ostia consacrata, è portato in processione per le vie del paese antico, ricoperte da un chilometrico tappeto di petali di fiori che raffigurano la passione di Nostro Signore. E questo perché la sacra reliquia non calpesti le “pagane pietre”.  Percorrendo le lastricate ed erte strade di Bolsena si raggiunge il Castello del XIII secolo, edificato da Papa Urbano IV con le pietre dell’antica Bisentium, la cui Acropoli e poco distante. La fortificazione, snella e con un disegno architettonico slanciato e lieve, fa da contrappunto alla Chiesa che le sta di fronte, la cui facciata in stile romanico in pietra bianca manda bagliori esaltanti. Il castello è oggi sede del museo cittadino, piccolo ma considerato tra i più interessanti ed importanti della zona. Eccezionale per la sua collezione archeologica etrusca, risalente al periodo arcaico e a quello dell’età del bronzo. Di particolare rilevanza storico-artistica i reperti votivi, intelligente l’impostazione didattica che gli è stata data.
E’ dai muri di ronda del castello che, sia nell’ora dorata del tramonto o nel fulgore del meriggio o nella brillantezza del mattino si può ammirare il lago, in tutto il suo splendore, ed al centro di esso le sue piccole isole. La più grande, dove sopravvive un bosco di macchia mediterranea, ospita il Palazzo Farnese attribuito ad un progetto di Antonio da S. Gallo il Giovane. La più piccola, nata dal bordo superiore di un cratere minore, è disabitata. L’intero lago formatosi sul cratere di un vulcano spento è ricco di molte specie di pesce, tra cui spicca il Coregone, da vago sapore di spigola. Con i suoi 114 Kmq. ed il perimetro di 43 Km. È il lago più grande le Lazio e il quinto d’Italia. Una strada lo costeggia costantemente, per 60 chilometri, rasentano le sue rive e i crinali delle colline. Intorno a questo lago nascono itinerari veramente unici a tratti fiancheggiati da panorami spettacolari e a tratti impervi. Non mancano scorci importanti, sui quali si incontrano altri centri rivieraschi.
Il lago di un celeste intenso non è inquinato e permette una visibilità fino a 15 metri, le sue acque fanno da specchio alla luna in cielo e alla fitta vegetazione delle rive, sembra impossibile, ma le sue acque sono potabili.
La cucina, di Bolsena, è genuina e pura, legata, come di dovere, alla cultura lacustre, usa prodotti genuini tratti da una terra fertile e generosa come quella delle sue colline. Qui l’arte culinaria è rozza, ma ciò non vuol dire che i piatti siano poco saporiti, sono solo poco elaborati, preparati con l’essenzialità che l’ambiente richiede. Per cucinare si usa ancora oggi, come nei tempi antichi, la stessa acqua del lago. Nelle trattorie più antiche, si può ancora gustare la “sbroscia”. Semplice, saporita e poco elaborata zuppa di pesce lacustre e verdure. Se poi, il tutto è annaffiato dal generoso vino bianco che producono le fertili colline dei Volsini, non fa certo rimpiangere le fatiche della visita ad una città tutta in salita.
RENATO NENCI  

UOMO....TEMPLARE!



Uomo, ti avverto, chiunque tu sia.
Tu che desideri sondare gli Arcani dei misteri Templari,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi
non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie del tuo essere,
come pretendi di trovare altre meraviglie?
Fratello in te si trova occulto il Tesoro dei Cavalieri Templari
Oh! Cavaliere conosci te stesso e conoscerai l’Universo.
Renato Nenci-----------------08.10.2013--------------

2012: LA STORIA DI UN ANNO...



                                                                                       Venerdì, 26 ottobre 2012 - Radicofani,

... quella giornata è rimasta lì impressa nella memoria, vissuta con una dolcezza infinita,
come 2 ragazzini al loro primo incontro sotto la tenerezza di uno sguardo, senza forte passione, ma la spontaneità di essere lì senza pensieri né ripensamenti.
Una scelta segnata, senza domande e senza esigere risposte
Nell’incantesimo di un nulla eppure … appena percepito e già approvato.
Nell’incanto di silenzi senza parole, tacitamente muti consapevoli solo di trovarci li.
Sguardi increduli che ci sfiorano, uno stringersi la mano per trasmettere calore. Il cuore che ruba momenti, sappiamo che durerà poco e il mondo tutt’intorno tacito osserva.
Si va in cerca di fotografare un ricordo che rimarrà indelebile. Il colore dei fiori che ci guardano dall’alto, e ci fermano lo sguardo.  l’immagine si perde al di là, rimane un’atmosfera calma e pacata .
Seduti uno di fronte all’altra, ascoltando il brusio delle voci che silenziose ci giungono;i discorsi degli altri non ci appartengono,e ci ascoltiamo silenziosi, sereni, con una tranquillità d’animo mai assaporata .Sorrisi incerti concedono sorrisi complici e ci si avvicina per far si che ci si sfiori
e per lasciare l’impronta di un sorriso sulle labbra, un tremulo bacio e poi ancora un altro, uno sguardo complice…tanta speranza, nessuna domanda, nessuna risposta … Noi due.
Voglio rivederti …prima che il tempo mi rubi altro tempo!